Cosa è il burnout
Il concetto di burnout (letteralmente significa: bruciato, cortocircuitato, scoppiato, esaurito, che non ha più nulla da dare) è stato introdotto per indicare una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento ed improduttività lavorativa registrati nei lavoratori inseriti in attività professionali a carattere sociale (Burke & Deszca, 1986). Il burnout, o sindrome da burnout, è quindi un processo stressogeno legato principalmente alle professioni sanitarie e assistenziali, successivamente è stata riconosciuta come una sindrome associata a qualsiasi contesto lavorativo con alte condizioni stressanti e pressanti, quali ad esempio posizioni di grande responsabilità lavorativa.
Quindi cos'è il Burnout? È il “non farcela più”, una reazione conseguente all'esposizione prolungata a fattori di stress di carattere emotivo e interpersonale sul lavoro, l’insoddisfazione e l’irritazione quotidiana, la frustrazione e lo svuotamento, il senso di delusione e di impotenza di molti lavoratori. Nel 1977 Maslach lo definisce come una condizione in cui dopo mesi o anni di impegno generoso, i lavoratori “si bruciano”, manifestando atteggiamenti di nervosismo, irrequietezza o apatia ed indifferenza, fino al cinismo. L’esaurimento fisico ed emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotati ed annullati dal proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo del rapporto con gli altri.
Quali sono i sintomi?
Le persone rispondono in modo diverso alle stesse situazioni stressanti in base a caratteristiche di personalità e stili di vita. Infatti dalla percezione soggettiva dei propri problemi possono derivare vari sintomi articolabili in sintomi cognitivo – emotivi, sintomi fisici e sintomi comportamentali (Maslach & Leiter, 2000).
Nei sintomi cognitivo – emotivi tipici ritroviamo: lo svuotamento emotivo con sentimenti di apatia e di esaurimento delle risorse emozionali sul lavoro e fuori; perdita di entusiasmo, di interesse e senso di responsabilità nello svolgimento del proprio lavoro; rigidità intellettuale, resistenza ai cambiamenti e utilizzo di un modello lavorativo rigido e standardizzato come difesa emotiva; sensi di colpa e distimia; sentimenti di impotenza e fallimento; scoraggiamento e indifferenza; depressione e ansia; preoccupazione per la propria salute. Nei confronti dei colleghi riscontriamo: negativismo e atteggiamenti critici; rabbia e risentimento; sospettosità e paranoia.
I sintomi fisici ricorrenti includono: senso di stanchezza e spossatezza per tutto il giorno; notevole stanchezza dopo il lavoro; tensione muscolare; malessere generale; disturbi del sonno; disturbi gastrointestinali; perdita/aumento di peso; cefalee ricorrenti; frequenti raffreddori e sindromi influenzali; disfunzioni sessuali; aggravamento di malattie preesistenti.
Nei sintomi comportamentali sono inclusi: atteggiamento ostile e sgarbato verso gli utenti; atteggiamento colpevolizzante verso se stessi; evitamento delle relazioni, delle visite, delle telefonate; impazienza; impulsività; irritabilità e aggressività; scarsa relazione con i colleghi; riduzione del rendimento lavorativo; difficoltà a recarsi al lavoro ogni giorno; ridotta partecipazione ad eventi formativi e programmazione lavorativa; necessità di guardare l’orologio frequentemente durante il lavoro; alto assenteismo; effettiva fuga dal lavoro; abuso di sostanze (alcol, droghe, fumo, farmaci); conflitto in famiglia e con il partner; isolamento e ritiro sociale; predisposizione agli incidenti.
Quali sono le cause?
Tra le cause del Burnout descritti nella letteratura, non sembra esistere un accordo unanime tra i differenti autori, sebbene si riscontri un determinato livello di coincidenza per alcune variabili: età; sesso; stato civile; turnazione lavorativa; anzianità professionale; sovraccarico lavorativo (Del Rio, 1990).
Età: per capire veramente i dati relativi all'età dobbiamo analizzare gli anni di carriera del soggetto. Sembrerebbe, infatti, siano maggiormente esposti all'esaurimento coloro che lavorano da poco poiché si ritrovano a fare i conti con le aspettative idealistiche e la realtà lavorativa. Consideriamo anche che il burnout ha uno sviluppo graduale e non è una reazione immediata; di conseguenza i soggetti più esposti sembrerebbero quelli con almeno 4 anni di lavoro. D’altra parte la minore incidenza del burnout tra i soggetti più anziani potrebbe essere causata dal fatto che i lavoratori in burnout potrebbero nel frattempo aver abbandonato il lavoro.
Sesso: le donne, rispetto agli uomini, risultano più vulnerabili. Ciò è dovuto a vari motivi, come il doppio carico di lavoro (professionale e familiare) a cui sono sottoposte, e l'espletamento di determinate specialità professionali che prolungherebbero il ruolo di donna.
Stato Civile: gioca un ruolo importante in quanto la sindrome sembra maggiormente presente nelle persone che non hanno un compagno stabile – anche se confrontando soggetti celibi/nubili con divorziati emerge che i primi so più a rischio dei secondi. Contrariamente a quanto si possa pensare, la presenza di figli fa sì che queste persone siano più resistenti al burnout perché non vengono vissuti come un ulteriore carico emotivo. Questo è facilmente spiegabile alla luce del fatto che la famiglia è in grado di soddisfare i bisogni di affetto e approvazione che la persona spesso non riesce a soddisfare nel contesto lavorativo.
Turnazione Lavorativa: la turnazione e l'orario lavorativo possono favorire l’insorgenza della sindrome; questo avviene più frequentemente nel personale infermieristico, essendo più soggetto ad un dispendio di energie psicofisiche, rispetto al personale medico.
Sovraccarico Lavorativo: è sicura invece la relazione tra burnout e sovraccarico lavorativo nei professionisti assistenziali, in quanto questo fattore produrrebbe una diminuzione, sia qualitativa che quantitativa delle prestazioni offerte da questi lavoratori. Tuttavia non sembra esistere una chiara relazione tra il numero di ore di contatto coi pazienti e l'apparizione del burnout, sebbene sia riferita da altri Autori. Associato ad esso spesso possiamo trovare la sensazione di perdita di controllo sull'assistenza che l’operatore fornisce.
Colleghi: Un’altra potenziale fonte di burnout sono i colleghi perché da una parte possono costituire un’altra fonte di stress che l’operatore deve gestire e che quindi contribuisce all'esaurimento emozionale e sentimenti negativi verso la gente; dall’altra privano l’operatore di una risorsa preziosa per affrontare e prevenire il burnout. Quadro simile è quello del rapporto con i superiori che producono gli stessi effetti dei colleghi solo con l’aggiunta del fatto che la relazione che si crea è modellata dal superiore stesso che quindi avanza – spesso a sua volta sotto la pressione della stessa dirigenza – delle richieste esagerate al lavoratore che difficilmente sarà in grado di negoziare data la differenza di ruolo aziendale.
Fonti bibliografiche
Burke, R. J., & Deszca, E. (1986). Correlates of psychological burnout phases among police officers. Human Relations, 39, 487-502. https://www.researchgate.net/publication/247737089_Correlates_of_Burnout_Phases_Among_Police_Officers
Del Rio, G. (1990). Stress e lavoro nei servizi: Sintomi, cause e rimedi del burnout. Roma: La Nuova Italia Scientifica. https://www.libreriauniversitaria.it/stress-lavoro-servizi-sintomi-cause/libro/9788843000661
Maslach, C., & Leiter, M. (2000). Burnout e organizzazione: Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro. Erickson. https://www.erickson.it/it/burnout-e-organizzazione
Maslach, C. (1992). La sindrome del burnout: Il prezzo dell’aiuto agli altri. Assisi: Cittadella. https://www.libreriauniversitaria.it/sindrome-burnout-prezzo-aiuto-altri/libro/9788830804982